domenica 13 marzo 2016

L'euro si sottrae alla guerra monetaria?

tutti vogliono la stessa cosa...

All'interno della caduta, appunto, tendenziale del saggio di profitto le controtendenze non sono semplici escamotage ma segnano significativamente sia le fasi espansive sia quelle di maggior criticità che il processo d'accumulazione continuamente pone. L'esportazione di capitali "maturi" verso terre più vergini, verso altri luoghi -o altre funzioni- più friendly in cui riprodursi è un effetto controtendenziale e al contempo anche causa del necessario ampliamento della sfera d'influenza fino alla  formazione del mercato mondiale -in cui si apre alla crescita capitalistica di alcune aree e la stagnazione o la decadenza di altre, in virtù di uno sviluppo che deve essere diseguale, altro che rapporti win-win.

Per quanto riguarda il Drago e il suo board, il necessario addentellato alla "economia reale" è chiaro nella significativa novità dell' acquisto diretto di bond societari, con rating investment grade, e dalla reiterazione dei TLTRO in modalità più conveniente per le banche che nel passato (furono un mezzo fallimento, tant'è che le banche potranno rinegoziare i vecchi prestiti alle nuove condizioni). Il senso mi pare sia quello di diminuire la distanza posta tra credito e impresa dall'intermediazione bancaria sia saltandola -per quanto concerne le grandi aziende, sia rendendo l'intermediazione stessa un businnes meno rischioso da ascrivere a bilancio (il riferimento ai crediti deteriorati è voluto), sia liberando risorse che ora le banche e le società devono indirizzare al pagamento a scadenza delle proprie obbligazioni. Lo sa anche Draghi dove è il valore reale, sa distinguerlo dal valore fittizio. Nella conference call non ha fatto mistero della fonte di preoccupazione che sono le stime di crescita anemica nell' area euro per i prossimi due anni. Inoltre, ventilando che non ci si aspetta altri tagli dei tassi d'interesse (il mercato dei bond governativi prezzava un altro 0,25%) , la BCE sancisce l'inutilità dei tagli se tutti gli altri tagliano, innescando delle svalutazioni competitive che si annullano a vicenda, e da ciò si può forse dedurre la possibilità in futuro di ampliare le operazioni non convenzionali.

Quello che non si vuole capire sulla creazione di valore "dal nulla", su cui insiste ancora la stampa di oggi , è che il Capitale non si forma sulla base di un risparmio di moneta dopo moneta (anche fosse miliardo dopo miliardo) ma su l' aggregarsi o meno di tante condizioni storico-sociali che consentono a un accumulo monetario di generica origine, destinato di per sè a dissiparsi, di organizzare il lavoro in maniera tale che questo accumulo ritorni accresciuto. Se l' inizio di questo movimento non si vuole  che venga  da una banca centrale che stampa moneta e la immette -provocando la svalutazione della divisa- nel sistema finanziario, dove però ad oggi rimane, e si preferiscono forme di autofinanziamento -pratica spesso legata a capitalismi ancora all' esordio,  non si coglie nel segno e non si cambia i termini essenziali della questione. Non è scandaloso avviare o proseguire attività economica con ricchezza non ancora prodotta, anzi nel capitalismo il sistema finanziario preso nel suo insieme serve da due secoli a questo: ad accelerare il processo. La produzione della ricchezza sotto il Capitale rimane intimamente, potentemente sociale e solo poi si estrinseca nel economico, se le condizioni sociali non ci sono, ecco la crisi. A questo proposito la posizione della politica -come dell' ideologia- rispetto all' economia è ancillare ma con essa è in continua, dialettica, rincorsa .

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