sabato 26 settembre 2015

La fantomatica coscienza di classe (1)

Una polemica piccina con un altro blogger mi induce a questa breve incursione sulla, oggi più che mai, fantomatica coscienza di classe proletaria, tralasciando per ora l' opposta coscienza di classe borghese, su cui magari torneremo. Ritorniamo ai dannati della terra e alla loro labile coscienza della possibilità della liberazione. Se ne parlò tanto e spesso tanto male poi più nulla. Vaporizzazione? Ingrottamento? Parlarne non vuol dire afferrare almeno concettualmente la cosa; come diceva un celebre pignolo: "ciò che è noto non è già perciò conosciuto".Vediamo come pone la questione un autore che sull' argomento ci ha perso il sonno: 
 [...]Questa coscienza non è  quindi né la somma né la media di ciò che pensano,sentono, ecc., i singoli individui che formano la classe. E tuttavia l'agire storicamente significativo della classe come totalità viene determinato, in ultima analisi, da questa coscienza, e non dal pensiero del singolo, ed è conoscibile soltanto a partire da essa.

domenica 20 settembre 2015

La natura umana per Marx (2)

Pallosa questio, più che una natura umana innata, magari di sapore hobbesiano, qui c'è all' opera un uomo che si autoproduce nel processo di progettazione-realizzazione di oggetti, nel lavoro trasformativo, come anche l' antropologia ha appurato. Nell' oggetto, mediazione tra uomo e natura, l' uomo si oggettiva come uomo umanizzato, inverato, realmente cioè socialmente esistente; non vive in un generico ambiente ma nel mondo -che lo pone e presuppone e di cui avrebbe relativi coscienza e controllo razionale. La reificazione della produzione, delle condizioni sotto cui avviene, non è necessariamente già contenuta nel rapporto che corre tra l'uomo, il suo fare e il suo fatto. Hegel ha introdotto il concetto di natura umana come processo, Marx lo ha ulteriormente sviluppato radicandolo nella storia della prassi sociale----


Come abbiamo detto, Marx riconobbe che l’importante, il significativo in Hegel sta nel fatto che egli si era collocato all’altezza dell’economia politica classica e aveva concepito l’uomo come il risultato del suo proprio lavoro e compreso il lavoro come processo di autoproduzione dell' uomo. Ma, aggiunse Marx, Hegel aveva visto nel lavoro solo il lato positivo, egli non aveva nessuna idea degli
aspetti negativi del lavoro nella società borghese. Per questo motivo sorgono in lui separazioni filosoficamente false e false unificazioni, mistificazioni idealistiche, il che è indicato già dal fatto che il << lavoro che Hegel soltanto conosce [...] è il lavoro spirituale astratto >>. Premessa per la critica materialistica di queste mistificazioni che risultano da una visione cosi unilaterale del lavoro, è la scoperta della vera dialettica del lavoro nel capitalismo. Marx aveva ricavato questa premessa dalla critica dell’economia classica. Muovendo di qui egli fu in grado di scoprire gli errori decisivi di Hegel, la fondamentale falsità del suo principio.

giovedì 17 settembre 2015

Aritmetica del debito


Il debito pubblico diventa una delle leve più energiche dell’accumulazione originaria: come con un colpo di bacchetta magica, esso conferisce al denaro, che è improduttivo, la facoltà di procreare, e così lo trasforma in capitale, senza che il denaro abbia bisogno di assoggettarsi alla fatica e al rischio inseparabili dall’investimento industriale e anche da quello usurario. In realtà i creditori dello Stato non danno niente, poiché la somma prestata viene trasformata in obbligazioni facilmente trasferibili, che in loro mano continuano a funzionare proprio come se fossero tanto denaro in contanti. Ma anche fatta astrazione dalla classe di gente oziosa, vivente di rendita, che viene cosi creata, e dalla ricchezza improvvisata dei finanzieri che fanno da intermediari fra governo e nazione, e fatta astrazione anche da quella degli appaltatori delle imposte, dei commercianti, dei fabbricanti privati, ai quali una buona parte di ogni prestito dello Stato fa il servizio di un capitale piovuto dal cielo, il debito pubblico ha fatto nascere le società per azioni, il commercio di effetti negoziabili di ogni specie, l’aggiotaggio: in una parola, ha fatto nascere il giuoco di Borsa e la bancocrazia moderna. (Il Capitale I)

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Nella Civiltà Capitalistica c'è una relazione profonda tra accumulazione, debito complessivo (pubblico e privato) e sistema fiscale, fattori che condensati (centralizzati) in una data area di sfruttamento prendono la forma del nostro caro stato-nazione. In Italia, ma non solo, data la tendenziale facilità dei ceti parassitari a moltiplicarsi, l'uso della leva debito/fiscalità di classe è storicamente strutturale. Propongo la riflessione di un analista finanziario, risalente alla primavera scorsa, su quello che ci aspetta, tenendo conto che molte delle aspettative -implicite od espicitate- su cui si basa l'articolo ancora non si sono verificate: a fronte di una previsione di crescita del PIL e degli investimenti diretti esteri lievemente maggiori, altre voci come: inflazione, spending rewiew, sofferenze bancarie e ripresa degli investimenti interni sono piuttosto al palo. Non c'è quasi più nulla da privatizzare ed in più nel  portafoglio finanziario della Repubblica i derivati in scadenza  da oggi al 2018 (posizioni mark to market esigibili) è ad oggi negativo per circa 2,6 miliardi, e lascio perdere le scadenze più lontane. Una società civile stagnante che capitalistici risultati potrebbe mai conseguire?

sabato 12 settembre 2015

Sorvegliare e punire




Alla mia siskolina

Qui potrete trovare il libro a fumetti "Non mi uccise la morte" dedicato a Stefano

[...] Quanto alla presa sul corpo, anch'essa, alla metà del secolo Diciannovesimo, non era stata del tutto eliminata. Senza dubbio la pena non è più centrata sul supplizio come tecnica per far soffrire, e ha preso come oggetto principale la perdita di un bene o di un diritto, ma un castigo come i lavori forzati o perfino come la prigione -pura privazione della libertà - non ha mai funzionato senza un certo supplemento di punizione che concerne proprio il corpo in se stesso: razionamento alimentare, privazione sessuale, percosse, celle di isolamento.

Conseguenza non voluta, ma inevitabile, della carcerazione? In effetti la prigione, nei suoi dispositivi più espliciti, ha sempre comportato, in una certa misura, la sofferenza fisica. La critica spesso rivolta, nella prima metà del secolo Diciannovesimo, al sistema carcerario (la prigione non è sufficientemente punitiva: i detenuti hanno meno freddo, meno fame, minori privazioni, nel complesso, di molti poveri e perfino di molti operai) indica un postulato che non è mai stato chiaramente abbandonato: è giusto che un condannato soffra fisicamente più degli altri uomini.


La pena ha difficoltà a dissociarsi da un supplemento di dolore fisico. Cosa sarebbe, un castigo incorporeo?

giovedì 10 settembre 2015

La gallina brasiliana



S&P ha declassato il debito brasiliano al livello più alto della categoria junk. Un enorme paese con enormi ricchezze che però possono diventare enormi problemi. Lo status quo prodotto dall' abbondanza di commodities osta al passaggio ad un capitalismo più evoluto e meno legato all' esportazione di materie prime. Qui propongo un esauriente articolo di Carlo Crauti pubblicato su Limes di qualche mese fa che trovai piuttosto utile per approfondire il rapporto ambiguo e difficile fra intervento statale in economia e competizione sistemica globale, una competizione che vede sempre più non le economie ma le società civili borghesi in concorrenza reciproca.---


Il Brasile è un paese tropicale, abitato da bestie pericolose e feroci.

Ma l’animale che i politici e gli economisti brasiliani temono di più non è un cobra velenoso, uno squalo o una onça (un giaguaro). È la gallina. O meglio, è il volo della gallina. È questo il nome, denigratorio, usato per descrivere le performance dell’economia del Brasile nell’ultimo secolo. 

Crescite del pil repentine – addirittura a doppia cifra per alcuni anni; poi un tonfo secco, con il ritorno a una stagnazione o recessione pluriannuale. Una traiettoria simile a quella di una gallina, che compie un salto in alto ma che viene riportata a terra, nella polvere, dal suo peso, dalle sue limitazioni fisiche e dall’incapacità di volare. Le limitazioni croniche del Brasile lo hanno portato, ancora una volta, a compiere il balzo della gallina e a rientrare in recessione.

sabato 5 settembre 2015

La rotta dei balcani


Angelona nostra l'ha detto chiaro chiaro: "io mi prendo i siriani" che per contro significa anche "vedete un pò che riuscite a fare con gli altri". Essere al centro dell' Europa ha i suoi vantaggi in termini di esposizione dei confini. Un colpo da maestro quello della cancelliera a mettere in difficoltà i leader di economie nazionali messe molto peggio della sua. Dai colloqui con Tsipras la Merkel sembra essersi disinibita in quanto a leadership, più conscia del proprio potere, rispetto agli altri governanti europei.Vedremo come la piglierà la società civile di cui è espressione.
Qui propongo un articolo recentissimo di Aspeniaonline (titolo:"Le rotte dei migranti e l'Europa senza bussola") che illustra come la crisi migratoria intersechi le tensioni fra gli stati della zona balcanica. L' autore chiude con la lamentazione per la mancanza di iniziativa paneuropea; a mio avviso l' unica iniziativa valida sarebbe l'uscita dall' europa capitalista e la costruzione della comunità umana europea, avanguardia di quella mondiale.---


 La crisi dei profughi che sta investendo i Balcani ha portato alla luce le conseguenze delle mancate soluzioni ad alcune criticità dell’agenda internazionale – a partire naturalmente dalla Siria – e non può essere ridotta, alla locuzione “la nuova rotta dei migranti”. Anzi, questa stessa idea di novità è un falso clamoroso.
I profughi, in prevalenza siriani e afghani, ammassati al confine macedone non sono dei volenterosi che hanno scovato, appunto, una nuova rotta; è sufficiente uno sguardo alla mappa per capire come la strada in questione sia la direttrice principale, se non quella obbligata, per chi voglia raggiungere il nord Europa fuggendo dal Medioriente.
Ma allora cosa è cambiato? Perché migliaia di profughi hanno iniziato a premere con più insistenza sul confine della Macedonia e da lì sono passati in Serbia e quindi in Ungheria, innescando tragedie umanitarie che purtroppo non resteranno isolate e che hanno nelle analoghe tragedie del Mar Mediterraneo un lugubre parallelo?

Se la Cina riprende il suo posto

Articolo edito dal sito di ISPI a commento della sfilata militare commemorativa della fine della guerra sino-giapponese, ad uso e consumo di amici e nemici interni ed esterni della leadership di Xi Jinping . Come dire: dal impero al imperialismo capitalista saltando la parentesi coloniale. Da notare che quando si sale alle vette delle classifiche mondiale riguardanti la potenza sociale sistemica si riscrive facilmente pure la storia, Nanchino compreso.-----------------------------------------


La parata militare del 3 settembre che si è tenuta a Pechino in occasione dei 70 anni della “Guerra di resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese e della guerra mondiale contro il fascismo” (questo il nome ufficiale della celebrazione) non ha tradito le attese ed ha rivelato importanti elementi per la politica interna e estera cinese.

Xi Jinping è apparso sul palco della porta Tiananmen vestito con abiti tradizionali e le riprese televise cinesi lo hanno inquadrato mettendo in risalto il suo ruolo di unico leader nazionale. Ne emerge infatti uno scenario da “uomo solo al comando”, confermando l’impressione che Xi Jinping avesse accentrato su di sé la maggior parte dei poteri e superando dunque il paradigma della “leadership collettiva” – condivisione del potere fra i membri del Politburo – sperimentato in particolare durante il decennio di Hu Jintao (2002-2012).