domenica 20 settembre 2015

La natura umana per Marx (2)

Pallosa questio, più che una natura umana innata, magari di sapore hobbesiano, qui c'è all' opera un uomo che si autoproduce nel processo di progettazione-realizzazione di oggetti, nel lavoro trasformativo, come anche l' antropologia ha appurato. Nell' oggetto, mediazione tra uomo e natura, l' uomo si oggettiva come uomo umanizzato, inverato, realmente cioè socialmente esistente; non vive in un generico ambiente ma nel mondo -che lo pone e presuppone e di cui avrebbe relativi coscienza e controllo razionale. La reificazione della produzione, delle condizioni sotto cui avviene, non è necessariamente già contenuta nel rapporto che corre tra l'uomo, il suo fare e il suo fatto. Hegel ha introdotto il concetto di natura umana come processo, Marx lo ha ulteriormente sviluppato radicandolo nella storia della prassi sociale----


Come abbiamo detto, Marx riconobbe che l’importante, il significativo in Hegel sta nel fatto che egli si era collocato all’altezza dell’economia politica classica e aveva concepito l’uomo come il risultato del suo proprio lavoro e compreso il lavoro come processo di autoproduzione dell' uomo. Ma, aggiunse Marx, Hegel aveva visto nel lavoro solo il lato positivo, egli non aveva nessuna idea degli
aspetti negativi del lavoro nella società borghese. Per questo motivo sorgono in lui separazioni filosoficamente false e false unificazioni, mistificazioni idealistiche, il che è indicato già dal fatto che il << lavoro che Hegel soltanto conosce [...] è il lavoro spirituale astratto >>. Premessa per la critica materialistica di queste mistificazioni che risultano da una visione cosi unilaterale del lavoro, è la scoperta della vera dialettica del lavoro nel capitalismo. Marx aveva ricavato questa premessa dalla critica dell’economia classica. Muovendo di qui egli fu in grado di scoprire gli errori decisivi di Hegel, la fondamentale falsità del suo principio.


Hegel scambia l' estraneazione disumana nella società capitalistica con l' oggettività in generale e pretende in modo idealistico di abolire questa anziché quella. Questa mistificazione viene operata per il fatto che ad esempio ricchezza, potenza dello Stato ecc., vengono concepite solo nella loro forma ideale, come essenze ideali, anziché come potenze estraniate all’essenza umana. << Tutta la storia dell’alienazione e tutta la revoca dell’alienazione >> appare dunque come << la storia della produzione del pensiero astratto, cioe assoluto, del pensiero logico, speculativo >>. << Ciò che vale come l' essenza posta e da sopprimere dell’alienazione non é che l’ente umano si oggettivi disumanamente in opposizione a se stesso, ma bensi ch’esso si oggettivi a differenza dell’astratto pensiero e in opposizione all’astratto pensiero. >> Poiché la reale alienazione domina tutta la società capitalistica, poiché anche la sua filosofia è espressione di questa società, Hegel deve, da questa falsa premessa, concepire l’oggettività in generale, la realtà obiettiva che esiste indipendentemente dalla coscienza, come estraneazione dello Spirito e dell’autocoscienza. [Per Hegel] " la cosa principale è che l'oggetto della coscienza non è altro che autocoscienza, e che l’oggetto è soltanto l’autocoscienza oggettivata, l’autocoscienza come oggetto [...]. L’oggettività come tale vale come un rapporto umano alienato, inadeguato all’essenza umana, all’autocoscienza. Il recupero dell’ essere umano estraneo, oggettivo, prodotto sotto il segno dell’alienazione, non ha quindi soltanto il significato di sopprimere l’alienazione, ma anche l’oggettività.»

Marx fu in grado di criticare in modo materialistico-dialettico questa falsa identificazione di Hegel, cioè fu in grado al tempo stesso di confutarla e di spiegarla nelle sue profonde cause e motivazioni sociali solo perché e dopo che egli, muovendo dai fatti della vita reale, aveva, nelle sue rilessioni sull’ economia, tracciato una netta linea di demarcazione tra l' oggettivazione nel lavoro in quanto tale e l’autoalienazione umana nella specifica, capitalistica forma del lavoro. E dunque la critica socialista dell’economia capitalistica nella prospettiva dell’abolizione dell’alienazione capitalistica che mise Marx in grado di superare l’errata e idealistica impostazione e risoluzione che il problema dell’ alienazione aveva avuto nella trattazione hegeliana. E', in altri termini, il nuovo punto di vista di classe, proletario, che mise Marx in grado di portare a compimento la sua rivoluzionaria critica materialistica della più alta forma di dialettica idealistica. 

Alla mistificazione hegeliana dell’oggettività come estraneazione dell’autocoscienza, Marx contrappose la materialistica teoria dell’ oggettività. << L’ente oggettivo é l' uomo reale, corporeo, che sta sulla ferma, solida terra, espirando e aspirando tutte le forze naturali >>. Esso << agisce oggettivamente, e non potrebbe agire oggettivamente se l' oggettivo non fosse sua determinazione sostanziale. Esso produce, pone soltanto oggetti, perché é posto da oggetti, perché é intrinsecamente natura. Nell’atto di porre qualcosa, non esce, dunque, dalla sua “attività pura” a una produzione dell’oggetto, bensi il suo prodotto oggettivo attesta semplicemente la sua attività oggettiva, la sua attività in quanto attività di un oggettivo ente naturale ».

Hegel invece, che sulla base della sua errata teoria della oggettivita' negava cio' e purtuttavia concepiva il lavoro come il processo di autoriproduzione dell’uomo, del genere umano, necessariamente doveva approdare alla mistificazione di un sovraumano << portatore >> della storia universale e al tempo stesso pero' anche all’assurdità per cui solo apparentemente questo << portatore » fa la storia: << questo processo deve avere un portatore, un soggetto; ma il soggetto diviene soltanto come risultato; e questo risultato, il soggetto che si sa come assoluta autocoscienza, e quindi Dio, spirito assoluto, l’idea che sa e attua se stessa. L’uomo reale e la natura reale diventano dei semplici predicati, simboli di quest’uomo nascosto, irreale, e di questa natura irreale.>> [...]  La storia universale e' dunque in Hegel solo una storia apparente e il suo << portatore », quale Hegel l’ha artificiosamente costruito, non la fa giacché esso solamente nel momento in cui essa è conclusa, e dunque non c’e più storia, soltanto allora viene prodotto come risultato, soltanto allora diventa un ente cosciente.

[...] Direttamente riallacciandosi alla sua critica della idealistica teoria della oggettivita' di Hegel, Marx precisa: << l’uomo non e' soltanto un ente naturale, bensì e' ente naturale umano: cioé ente che esiste a se stesso, percio' ente generico [appartenente al genere ed in quanto tale capace di sia di realizzarne l'universalità sia di individualizzarsi al suo interno -nota mia], e come tale deve attuarsi e confermarsi tanto nel suo essere che nel suo sapere. Dunque, né gli oggetti umani sono gli oggetti naturali quali si presentano immediatamente, né la sensibilità umana, qual é immediatamente ed é oggettivarnente, è umana sensibilità, umana oggettività. Né la natura obiettiva, né la natura subbiettiva, é immediatamente presente come adeguata all’ente umano. E come tutto cio che è naturale deve nascere, cosi anche l’uomo ha il suo atto di nascita, la storia, che è tuttavia da lui consaputa, e però, in quanto atto di nascita con coscienza, è atto di nascita che sopprime se stesso. La storia é la vera storia naturale dell’ uomo ».

G. Lukacs "Il giovane Marx"


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